Ogni Università è dotata di un Ufficio per il Trasferimento Tecnologico (UTT) dove ci sono persone competenti che, oltre che attivarsi per mantenere aggiornata la parte del sito dell’Università con i relativi elenchi dei brevetti disponibili per essere licenziati o trasferiti alle aziende, sono soprattutto valide interlocutrici con chi è interessato ad acquisire una specifica innovazione.
Comunque un problema esiste ed è quello di aumentare il più possibile il trasferimento di tecnologia dall’Università alle aziende.
La mia opinione è che non ci sia necessità di aumentare il personale, almeno per certe Università, ma, piuttosto, sia necessario agire con più celerità nelle proposte di trasferimento.
La celerità, come sappiamo, è imposta dai tempi stretti per l’estensione del brevetto d’interesse all’estero, estensione che può validamente essere fatta entro 12 mesi dal deposito italiano. È auspicabile che l’Università, quando per un certo brevetto riceve (prima dei 12 mesi) un Rapporto di Ricerca positivo, proceda all’estensione del brevetto nei Paesi d’interesse dell’azienda interessata. Ma se non fosse ancora evidente quale potrebbe essere l’azienda interessata, sarebbe altrettanto auspicabile che l’Università procedesse comunque al deposito di una domanda internazionale (PCT) che permette di designare ben 153 Stati con un’unica tassa per poi procrastinare le scelte degli Stati di effettivo interesse fino a 30 mesi dalla data del primo deposito italiano con il relativo pagamento delle tasse per ogni stato.
Conoscendo le limitate, talvolta limitatissime, possibilità di spesa delle Università per i brevetti e guardando i brevetti che vengono offerti, la grande maggioranza di questi sono solo brevetti italiani. Se sono passati 12 mesi dal loro deposito, queste domande italiane non possono essere più estese all’estero con il diritto di priorità: e da qui cade l’interesse delle aziende!
Infatti se l’azienda non può validamente estendere il brevetto italiano dell’Università nei Paesi dove esporta a causa dei termini trascorsi l’interesse verrebbe a cadere perché i Paesi di esportazione sarebbero esclusi da ogni protezione.
Ma, come conciliare la poca disponibilità finanziaria dell’Università con la necessità di offrire alle aziende brevetti estendibili all’estero?
La risposta è duplice: l’UTT si deve attivare in tempi strettissimi a trovare aziende interessate al brevetto, ovvero in circa 3 mesi che è il tempo che intercorre dalla data di ricevuta del Rapporto Europeo (gratuito) di Ricerca sul brevetto e la data della sua possibile estensione all’estero. Se il Rapporto di Ricerca è positivo, l’azienda interessata è sufficientemente sicura che otterrà brevetti negli Stati di interesse.
La seconda possibilità è che l’Università si attivi essa stessa con il deposito di una domanda internazionale (PCT), allungando così a 30 mesi la possibilità di estendere la domanda nei Paesi di interesse. Le aziende durante questo tempo avrebbero la possibilità di saggiare il mercato e quindi di scegliere dove depositare il brevetto.
Ci si augura, quindi, che parte dei finanziamenti del PNRR sia destinato al sostegno finanziario alle Università in modo che queste abbiano la capacità di essere attrattive per le aziende proponendo non brevetti italiani, ma domande internazionali (PCT), le sole che interessano alle aziende!
Inoltre, il livello di maturità tecnologica dei brevetti può e deve essere monitorato dall’UTT, semplicemente esaminando i risultati della ricerca gratuita europea che arriva entro 9 mesi dal deposito italiano.
Quello è il momento per vedere se può esistere o meno l’interesse delle aziende, interesse che può venire solo con “vera innovazione” e quindi con brevetti che verranno concessi senza problemi e che offrono soluzioni veramente innovative.
Se il Rapporto di Ricerca è buono, allora sì che si può passare al finanziamento di progetti di “proof of concept” e quindi di mettere a disposizione delle aziende dei prototipi funzionanti. Toccare con mano convince sempre!
Infine, si auspica il convogliamento dei contenuti delle banche dati dei brevetti di ciascuna Università in un’unica banca dati che può essere benissimo NETVAL. L’importante è che le aziende possano facilmente cercare ciò che è di loro interesse, selezionare, oltre che per argomento, per data di deposito, per Paesi di estensione e possano vedere anche il Rapporto di Ricerca Europeo, ove disponibile.