La carenza globale di semiconduttori emersa con le chiusure del 2020 ha imposto ai direttori operations di ripensare approvvigionamento, gestione delle scorte e pianificazione della produzione. L’origine della crisi deriva da fattori strutturali e contingenti: l’aumento della domanda di chip, la concentrazione produttiva in pochi player globali come Tsmc, Nvidia e Samsung e le ostilità tra Stati Uniti e Cina.
Nonostante la normalizzazione post-pandemia, alcune aziende stanno raccogliendo segnali di nuove tensioni sul mercato di questi preziosi componenti elettronici. Quali ‘lezioni’ hanno appreso allora i direttori operations da ciò che è già successo? In altri termini, nell’eventualità di una nuova crisi negli approvvigionamenti, cosa potranno fare queste figure centrali per la produzione delle aziende per smorzarne l’impatto?
Sarà questo il tema del nuovo numero del settimanale OperationsManager, che sarà disponibile sul sito operationsmanager.it a partire dal primo pomeriggio di domani. L’inserto dedicato al mondo dei processi e dei loro architetti nelle fabbriche, edito da ItalyPost in collaborazione con auxiell e AzzurroDigitale, vedrà intervistate quattro imprese (e quattro loro protagonisti) dislocate in varie regioni d’Italia: Flash Battery, Samec Elettronica, Spea e Vda Telkonet.
Il dual sourcing e la diversificazione delle fonti di approvvigionamento sono strumenti chiave per ridurre i rischi. Non basta però ampliare la base fornitori: occorrono relazioni a lungo termine con contratti pluriennali così da garantire volumi minimi e spostare la negoziazione da una logica opportunistica a un modello collaborativo e resiliente.
Parallelamente, una gestione attenta delle giacenze di magazzino ha portato alla creazione di buffer stock, ossia scorte di riserva di componenti critici per assorbire eventuali shock di fornitura. Questo approccio comporta certo costi aggiuntivi rispetto alla gestione just-in-time, ma riduce il rischio di interruzioni produttive.
Un esempio di come la gestione di magazzino sia importante lo ha dato l’industria automobilistica negli scorsi anni. Molti produttori e fornitori di primo livello, storicamente legati al just-in-time, hanno ridotto gli ordini di chip durante la pandemia, trovandosi poi impreparati alla ripresa della domanda. Colossi come Ford hanno quindi dovuto adottare modelli di produzione build-to-order, sacrificando la disponibilità immediata del prodotto per una gestione più efficace delle scorte.
Tornando a come i direttori operations hanno rafforzato la resilienza delle loro supply chain, non si possono non menzionare gli investimenti in strumenti di previsione avanzata. Software di gestione della domanda, simulazioni di scenario e analisi del rischio consentono infatti di rilevare colli di bottiglia e pianificare azioni correttive in maniera tempestiva, riducendo le inefficienze e migliorando la visibilità lungo la filiera.
Un’altra strategia, seppur costosa e complessa, è il redesign dei prodotti. Alcune delle aziende più propense a investire sull’R&D hanno quindi ridotto la complessità delle distinte base e riprogettato i prodotti per limitare la dipendenza da semiconduttori critici. Alcuni colossi hanno inoltre iniziato a esplorare alternative come i chiplet, architetture modulari che riducono la dipendenza dai chip tradizionali.
Insieme, tutti questi interventi hanno aiutato le aziende a gestire gli impatti immediati della carenza di semiconduttori e a costruire la propria resilienza contro future interruzioni. La sfida per i direttori operations, ieri come domani, rimane bilanciare efficienza e resilienza: se l’ottimizzazione dei costi è essenziale, la volatilità delle supply chain impone strategie di mitigazione dei rischi che comportano costi ingenti nel breve termine, ma risultano vantaggiose nel lungo periodo. Trovare il giusto equilibrio assicurerà però supply chain robuste e flessibili.