Descrizione
Quando Paolo Giaretta – recuperando un vecchio articolo di Giorgio Lago, la famosa «Lettera ad un sindaco del Nordest» – ha voluto rinnovare sulle colonne del nostro VeneziePost un dibattito sulla figura dei Sindaci e sul loro ruolo in questa stagione politico-istituzionale, in molti avranno pensato che si trattasse solo di un gioco intellettuale privo di alcun valore.
Troppo forti le immagini dei sindaci-tribuni pronti a pontificare quotidianamente sull’intero scibile umano dall’immigrazione alla sicurezza, dai libri gender al futuro della famiglia, senza che mai affrontino invece i problemi per cui sono stati chiamati a governare le loro città e a disegnarne il futuro.
La stagione dei sindaci di Giorgio Lago è stata piena di speranze, un momento della storia politica di questo Paese nel quale si pensava che queste fossero le figure chiamate a operare il rinnovamento della politica. Stagione chiusasi rapidamente con un clamoroso insuccesso, per le ragioni che Marzio Favero e Francesco Jori spiegano benissimo negli articoli conclusivi di questo volumetto.
Ma nel vuoto assoluto della politica, se si decide di provare a tornare a progettare il futuro, da dove ripartire se non dal livello più vicino alla vita dei cittadini, e cioè proprio dai Sindaci e dagli amministratori locali? È questo il senso degli interventi di tre giovani che abbiamo voluto coinvolgere nel confronto, anche generazionale, che presentiamo in questo volumetto. Giordano Riello, presidente dei giovani industriali veneti, Gabriele Giacomini, assessore all’innovazione del Comune di Udine, e Carlo Pasqualetto, giovane consigliere comunale di Padova, hanno provato a cimentarsi in una riflessione che ha tratti di novità e che dimostra che, se sapremo costruire e selezionare una giovane classe dirigente, forse proprio dai sindaci e dai giovani amministratori potremo provare a ripartire.
Questo volume prova quindi a riavviare un dibattito che vorremmo ascoltasse i buoni consigli di chi ha vissuto quella fase storica e ne ha visto il fallimento, ma, sopratutto, che vedesse alcuni giovani, come quelli che sono intervenuti, radunarsi e crescere assieme non intorno ai cliché comunicativi che vanno tanto di moda anche tra i giovani politici di oggi, ma su contenuti progettuali che permettano alla loro generazione di costruirsi quel futuro che la generazione precedente ha loro fino ad oggi negato.
Con la coscienza, come scrive Francesco Jori, che infine le autonomie locali si difendono solo se si saprà far meglio di quanto fa il centralismo burocratico statale. Cosa che, purtroppo, negli ultimi vent’ anni, non è accaduto.