“Se sbagliando si impara, capita anche che facendo tutto giusto si sbagli. Blockbuster o Nokia ne sono un esempio: hanno fatto tutto giusto, ma poi è arrivato qualcuno che – sbagliando – ha fatto le cose meglio”. Così Alessio Cuccu, ingegnere dei materiali con una lunga esperienza nell’ambito dell’innovazione, della ricerca e dell’R&D, in apertura del suo intervento in occasione dell’evento “Learn from mistakes: l’errore come occasione di apprendimento nelle organizzazioni”, proposto da Niuko nell’ambito del format Maps for Future e moderato da Fabio Pierobon, specialist imprenditoria, managerialità, innovazione Niuko.
Un’occasione per ragionare sul tema dell’errore al di là dei luoghi comuni e dei facili stereotipi, come la “schizofrenia che fa dell’errore o un tabù assoluto o al contrario, come accade spesso nel caso delle startup, un elemento da nobilitare”, ha spiegato il sociologo della scienza e della tecnologia Massimiano Bucchi che ha sottolineato l’importanza di riconoscere l’errore come un processo collettivo, il terminale di situazioni, contesti, pratiche, scelte che lo hanno reso possibile o perfino incoraggiato. Un presupposto importante per poter “imparare dagli errori”, anche nelle imprese.
Nel suo intervento Cuccu ha spiegato come sia importante aver chiara, in azienda, la direzione che si vuole intraprendere: “Innovazione incrementale o radicale-trasformativa? Ho scelto di andare oltre i confini o di restare nei confini?” Cuccu ha spiegato come sia necessario farsi queste domande perché dalla scelta del tipo di innovazione dipende anche l’atteggiamento verso l’errore. Nel caso di progetti di innovazione “trasformativa” che creano un prodotto radicalmente nuovo vanno messe in conto probabilità di successo molto basse (mediamente attorno al 20%) e “l’errore” è un modo per esplorare traiettorie nuove, in termini di materiali, adozione di tecnologie o di soluzioni prima mai tentate.
“Il ritorno dell’innovazione – ha spiegato inoltre – deve considerare anche tutti i tentativi falliti. L’innovazione, anche quella incrementale, si ferma se non c’è comprensione dell’obiettivo finale, allora scatta la paura dell’errore”.
Fra le esperienze virtuose osservate in azienda e citate invece dall’esperto figurano la creazione di room cadenzate veloci riservate alla discussione dell’errore, l’attivazione di intranet aziendali dedicate all’innovazione per favorire la contaminazione e le critiche costruttive di team diversi da quelli dell’R&D. Èimportante poi la creazione di una cultura che aziendale che “non punti il dito” verso chi ha sbagliato: la leadership in questo senso è fondamentale.
Questi solo alcuni degli stimoli proposti nel corso dell’evento ha visto poi gli interventi di Leonardo Testolin, responsabile sviluppo nuovo prodotto di Tonello S.r.l, che ha portato l’esperienza significativa dell’azienda leader nella produzione di macchine per la tintura, lavaggio, asciugatura ai laser e di Manuela Levorato, primatista italiana metri 100 e vice Presidente FIDAL Veneto, che ha ripercorso la sua esperienza personale, raccolta nel libro “La corsa, le mie ali”, proponendo una riflessione sul valore dell’errore nello sport: un dialogo che ha offerto stimoli e spunti anche a chi si occupa di risorse umane.
Particolarmente intenso il passaggio in cui Levorato ha raccontato l’obiettivo fallito delle Olimpiadi di Sidney dove è rimasta vittima di un infortunio a un passo dalla “gara della vita”, su cui aveva investito i precedenti quattro anni con enorme sacrificio. Una cocente delusione, a cui è seguita un’analisi approfondita degli errori personali e del team (dalla programmazione agli allenamenti troppo intensivi). Il trauma si è rivelato quindi occasione per “cambiare vita”: “Ho scelto un nuovo allenatore, mi sono trasferita a Roma, in quel momento ho capito che dovevo rivoluzionare la programmazione. Da un errore ho tirato fuori il meglio, negli anni successivi sono arrivati infatti il record italiano e le due medaglie agli europei”.