Le medie sono come il celebre pollo di Trilussa, cioè artifici che nascondono spesso enormi differenze tra realtà profondamente diverse. Ma sono anche strumenti che ci aiutano a capire le tendenze, su cioè chi sta sotto la media indicata e chi sta sopra. Una sorta di indice di gravità della situazione. Partiamo allora dal dato nazionale sull’andamento della popolazione italiana tra il 2015 e il 2020 che indica per l’Italia un calo dell’1,90%, equivalente ad una diminuzione di 1.154.124 abitanti nei cinque anni. Si passa cioè dai 60.795.612 abitanti che secondo l’Istat vi erano nel 2015 ai 59.641.488 del 1 gennaio 2020.
Se partiamo da questi dati ci rendiamo subito conto della gravità della situazione del Piemonte dove la popolazione passa dai 4.424.467 ai 4.311.217 abitanti con un calo del 2,56%.. Ancora peggio della regione fa la provincia di Torino che passa dai 2.291.719 ai 2.230.946 abitanti con un calo del 2,65%. A contribuire alla flessione del Piemonte sono poi provincie poco numerose in termini di abitanti ma con flessioni davvero notevoli. Vercelli passa da 176.121 a 169.390 con un calo di 6.731 abitanti e una flessione percentuale del 3,82%. Alessandria passa da 431.885 a 417.288 con un calo di 14.597 abitanti e una caduta percentuale del 3,38% . Biella passa da 181.089 abitanti a 174.170 perdendone quindi 6.919 che in termini percentuali significa un -3,82%. Asti, per terminare con le provincie piemontesi che performano peggio della media regionale passa da 219.292 a 212.010 abitanti, perdendone quindi 7.282 con un crollo percentuale del 3,32%. Da segnalare anche i dati della provincia di Verbano-Cusio-Ossola che registrano una flessione di 4.563 abitanti pari a un – 2,82% passando da 160.883 a 156.320 nel giro di quei cinque anni.
A limitare i danni in Piemonte sono due provincie con caratteristiche diverse. Novara, la provincia che gravita più su Milano che su Torino limita le perdite dell’1,73% passando da 371.418 a 364.980 abitanti (-6.438). L’altra è la provincia più ricca del Piemonte, Cuneo, che, confermando la tesi che la popolazione cresce di più o cala di meno laddove si produce ricchezza passa da 592.060 abitanti a 586.11, calando quindi “solo di 5.947 unità pari a un -1,00%.
Diversa e migliore è la situazione della Lombardia che passando da 10.002.615 a 10.027.602 abitanti cresce di 24.987 unità pari a un + 0,25%. Ma il dato lombardo, come appunto il famoso pollo di Trilussa di cui parlavamo all’inizio, è frutto quasi esclusivamente della imponente crescita che si è avuta a Milano negli ultimi anni, almeno fino all’inizio della pandemia. La provincia capoluogo della Lombardia passa infatti da 3.196.825 a 3.265.327 abitanti, registrando un incremento di 68.502 persone pari a un +2,14%.
La domanda che ora in molti si stanno ponendo è cosa accadrà alla città simbolo della rinascita italiana e centro nevralgico non tanto dell’industria quanto dei servizi. Domanda assolutamente cruciale sul piano dei trend demografici visto che, se c’è un posto nel paese dove lo smart working è stato applicato in maniera massiccia, questo è proprio Milano. Le persone, soprattutto le fasce più deboli della popolazione che vivevano in mini appartamenti pagati a carissimo presso, potendo lavorare dalle abitazioni dei loro paesi di origine, continueranno a vivere li o decideranno di trasferirsi per sempre? E chi opera nel mondo dei servizi legati all’ospitalità (bar, ristoranti, alberghi) a fronte del crollo di quel mercato resteranno a vivere nella città “più cara” d’Italia o cercheranno soluzioni alternative?
Detto ciò su Milano, la situazione delle altre provincie lombarde, sembra porsi su una scala intermedia tra l’Emilia Romagna, dove la popolazione aumenta in molte provincie, e il Veneto dove il calo riguarda tutte le realtà ad esclusione di Verona. La situazione migliore la vive Monza e Brianza che è l’unica assieme a Milano a crescere. Nel 2015 in quella provincia gli abitanti erano 864.557 mentre nel 2020 erano cresciuti fino ad arrivare a 870.193, pari a un + 5.636 e + 0,65%. Anche Bergamo, pur in flessione, vive una situazione relativamente positiva. La provincia orobica passa da 1.108.853 a 1.108.126 abitanti, contendo il calo a poche centinaia di unità (-727) pari a un insignificante, dal punto di vista statistico, -0,07%. Poi la classifica vede collocarsi Como con 599.905 abitanti contro i 597.642 del 2020, con un calo di 2.263 unità pari a un -0,38%, seguita da Varese (che passa da 890.234 a 884.876 abitanti pari a -5.358 unità e -0,60%).
Comincia a farsi più seria invece la situazione di Brescia che in cinque anni perde un intero paese di quasi 10.000 abitanti. I bresciani passano infatti da 1.265.077 a 1.255.437 con un calo contenuto in termini percentuali (-0,76%) ma significativo in termini numerici (-9.640).Nella classifica delle provincie per perdita di popolazione si piazza poi Sondrio che passa dai 182.086 ai 180.425 abitanti perdendone quindi 1.661 pari allo 0,91%, Lodi che passa dai 229.576 ai 227.412 perdendone 2.164 (-0,94%)mentre perdite più consistenti in termini percentuali le registrano Pavia che passa dai 548.722 ai 540.376 (-8.346 unità e -1,52%), Lecco che passa dai 340.251 ai 334.961 abitanti con una flessione di 5.290 unità e 1,55 punti percentuali e Cremona che scende dai 361.610 ai 355.908 abitanti, perdendone quindi -5.702 pari al -1,58%, La provincia lombarda che cala invece di più in percentuale è Mantova che passando dai 414.919 ai 406.919 abitanti, e perdendone quindi 8.000 supera perfino la media nazionale con un -1,93%.