C’è chi si chiede se i giovani abbiano davvero smesso di credere nella rivoluzione verde, e chi, dati alla mano, risponde che no, l’attenzione c’è — ma si ferma spesso alle intenzioni. È il punto di partenza da cui si muove la copertina di Cult, il settimanale in uscita sabato 29 marzo, che prende spunto dal Green Economy Festival di Parma, in corso fino al 30 marzo, per mettere sotto la lente l’atteggiamento delle nuove generazioni nei confronti della sostenibilità. Secondo Camilla Consonni, che firma l’articolo di apertura, l’effetto Fridays for Future sembra essersi affievolito, e se la Gen Z si dice sensibile ai temi ambientali, poi non sempre riesce a tradurre questa sensibilità in scelte concrete. Complici il potere del fast fashion, il richiamo del low cost e una precarietà diffusa che non lascia molto spazio alla coerenza.
Una contraddizione che diventa ancora più evidente nell’intervista a Romano Cappellari, docente all’Università di Padova, che avverte: “Se i giovani vogliono solo risparmiare, i brand sostenibili rischiano di chiudere”. Eppure, ci sono segnali di speranza: il mercato del second hand cresce, e prodotti come la serie Junk provano a smontare i falsi miti del consumismo modaiole. Il tema sarà al centro di uno degli appuntamenti più attesi del Festival, in programma venerdì 28 marzo a Parma: “Economia circolare e fashion business: la sfida del management”.
Temi che torneranno nell’articolo che si focalizzerà sugli argomenti che emergeranno dal confronto, che si è tenuto questo pomeriggio al Festival, tra Andrea Boccardo (auxiell) a Niccolò Cipriani (Rifò), da Gianni Dalla Mora (Womsh) a Serena Moro (Cikis Studio), fino ad Andrea Rambaldi (FashionArt) e Francesca Rinaldi, docente alla Bocconi e voce autorevole sul tema della circular fashion. Un evento che promette di andare oltre lo storytelling per interrogarsi davvero su come far convivere sostenibilità e business, etica e competitività.
Ma il numero di Cult non si ferma qui. Nelle sue pagine si parla anche di come sta cambiando la nostra alimentazione, considerando che il 70% degli italiani ha ormai provato almeno una volta prodotti a base di proteine vegetali. Secondo Sonia Malaspina (Danone) e Alessandro Thellung de Courtelary (Impact Food) la transizione proteica non è più un’opzione di nicchia. E dai burger alle bevande, le alternative a base vegetale conquistano anche gli onnivori.
Un numero, quello di questa settimana, che mette in scena una generazione divisa tra desiderio di cambiamento e tentazioni del consumo, e un sistema economico che — tra moda e food, giovani e imprese — cerca una via credibile per restare in equilibrio tra progresso e sostenibilità.