Nella Bassa Parmense, nelle terre a ridosso del Po, cullate da spesse nebbie invernali e flagellate da estati roventi e afose, si nasconde il segreto di un’eccellenza della norcineria italiana, conosciuta in tutto il mondo ma fortemente legata al piccolo territorio natale. Il Culatello vive grazie a una provvidenziale alternanza di periodi secchi ed umidi, che gli conferisce le peculiari note aromatiche e la complessa trama di sapori che lo contraddistingue.
Da generazioni il re dei salumi si affina nelle cantine di Busseto, Polesine Parmense, Zibello, Soragna, Roccabianca, San Secondo, Sissa e Colorno. Per molto tempo è rimasto noto ed apprezzato dalla gente di quella Bassa con cui condivideva le origini.
Di questo insaccato in vescica, costituito dalla parte anatomica del fascio di muscoli crurali posteriori ed interni della coscia del suino, mondati e rifilati ad hoc così da avere la tipica forma a “pera”, nella cui miscela di salagione figurano sale, aglio, pepe (intero e/o a pezzi) oltre a vino bianco secco, la famiglia Spigaroli ha fatto un’opera d’arte.
La partenza non è un dettaglio: solo maiali pesanti dai 180 ai 230 chili. Per la concia: sale, pepe, aglio e vino Fortana con cui viene massaggiato il taglio anatomico. La stagionatura avviene nelle cantine storiche del 1320 dell’Antica Corte Pallavicina per meno di 18 mesi. Da non dimenticare: L’Oro Spigaroli che supera i 24 mesi (due fermentazioni estive) e il “Gran Culatello Riserva Nero”, da maiali neri pesanti dai 230 ai 280 chili, che stagiona dai 24 ai 40 mesi.