«I nostri azionisti sono sempre stati disponibili a valutare una regia federata degli aspetti “non competitivi” che potrebbe fornire grandi opportunità per attrarre in Emilia-Romagna nuove manifestazioni ed eventi mantenendo e rafforzando quelli che ci sono dove sono». Antonio Cellie, amministratore delegato delle Fiere di Parma, commenta il dinamico e delicato momento che sta vivendo il sistema fieristico emiliano-romagnolo dando un parere positivo sull’aggregazione che sta riguardando i quartieri di BolognaFiere e Ieg (Rimini e Vicenza). Ma – sottolinea Cellie – «con quali geografie o geometrie lo decideranno il mercato e gli azionisti, pubblici e privati, di quartieri e organizzatori» e infatti – sottolinea l’ad – «la crisi ha ulteriormente evidenziato l’esigenza di processi di aggregazione o federazione e noi li abbiamo già inaugurati cinque anni fa con progetti mirati insieme a Colonia e Verona».
Cellie, quale sarà la vostra strategia per il 2021?
«Il 2021 sarà un anno di parziale ripartenza sulla base di nuovi paradigmi che prevederanno partecipazioni molto più selezionate alle fiere, soprattutto quelle business to business come Cibus o quelle business to consumer come il Salone del Camper. Noi percepiamo una forte propensione delle nostre community a tornare alle Fiere in presenza nonostante le incertezze della campagna vaccinale. Ovviamente sono ancora ragioni di natura strutturale che limiteranno i flussi tra i diversi Paesi e quindi le presenze di operatori esteri. Le esperienze di ibridazione sviluppate negli ultimi 12 mesi sono state preziose perché da un lato ci hanno consentito di sperimentare nuovi format come Cibus Forum e accelerare le nostre piattaforme digitali ovvero MyBusinessCibus e AnticoAntico».
Quali novità prevederanno i vostri saloni principali?
«Per tutti gli operatori del sistema fieristico è quasi un dovere ripartire dai saloni in presenza. Per questo, Cibus 2020-2021 nonostante le difficoltà organizzative, che ci porteranno a fine giugno o inizi settembre ci vede impegnati con un grande progetto in collaborazione con Fondazione Parma Unesco per organizzare un grande fuori salone in città in contemporanea al nostro salone. In ogni caso Cibus sarà il primo evento fieristico food&beverage di tutto il calendario fieristico europeo delle fiere. Stesso discorso per il salone del camper che si terrà l’11 settembre, anche in questo caso per sorreggere il continuo sviluppo di un comparto chiave del made in Italy che fortunatamente ha avuto una forte spinta dal Covid: il Salone 2021 saprà spettacolarizzare questa forma di turismo, che non solo è sicura e sana ma non consuma neppure territorio. Lo faremo aprendo la nostra area di sosta – che può ospitare centinaia di Camper – prima e dopo il Salone e migliorandola con un nuovo set up votato al green. Per quanto riguarda. Mercanteinfiera ha una community straordinariamente resiliente e fedele alla manifestazione che ci ha seguito in questi mesi e ha già confermato la partecipazione ad entrambe le prossime edizioni di Mercante, sia quella primaverile – calendarizzata in giugno – sia quella autunnale in ottobre. In fiera grazie alle nostre piattaforme digitali i Mercanti saranno più smart, ovvero on site ma anche on line, pronti a promuovere i propri pezzi in un’ottica multicanale e internazionale».
La crisi del settore a causa del Covid-19 è innegabile ed evidente. Cosa ha comportato per Fiere di Parma la pandemia?
«Gli effetti del Covid-19 purtroppo li vediamo e commentiamo quotidianamente così come i suoi devastanti effetti sui settori più esposti come la ristorazione, il turismo, i servizi alla persona e ovviamente le fiere, le quali come il turismo dipendendo dall’estero saranno gli ultimi settori a recuperare ricavi e marginalità paragonabili al 2019 dopo un 2020 che ha segnato -80% e un 2021 che personalmente immagino ancora molto negativo. In questo contesto Fiere di Parma – arrivando da un ciclo straordinariamente positivo – ha le risorse umane e patrimoniali per riuscire a resistere e programmare il proprio rilancio senza ricorrere ad aumenti di capitale o al debito che – come vediamo in altri casi – potrebbe risultare insostenibile. Sui ristori siamo in attesa di un chiarimento dei tetti e delle disponibilità, nel frattempo ci siamo coperti con la liquidità messa a disposizione dal nostro socio di maggioranza relativa, ovvero Credit Agricole, in attesa di conoscere l’entità del finanziamento agevolato, destinato alle Fiere, messo a disposizione dal governo attraverso Simest. Nel frattempo manteniamo i costi al minimo e “lavoriamo” per la ripartenza pur avendo il personale in cassa integrazione e tagliato i compensi a tutti gli amministratori».
Le crisi spesso servono per rilanciare e innovare. State pensando a novità nel vostro calendario?
«Il nostro successo è la continuità. Nel mantenimento del focus sulle nostre competenze distintive risiede il nostro fattore di forza che ci ha portato nel 2019 – anno senza Cibus – a 40 milioni di fatturato aggregato e 9 milioni di Ebitda consolidato. Puntiamo da oltre 11 anni sul nostro core business, come Cibus, Cibus Tec, Mercante, Salone del Camper, ampliando i nostri confini con aggregazioni o alleanze strategiche e verticali: un esempio sono le nostre JV con Verona e con Colonia. Pensiamo di crescere così, aumentando la massa critica di prodotti leader e sviluppando iniziative collaterali a esse. Un esempio è Cibus con il format Bellavita, in collaborazione con Vinitaly, che ci fa portare all’estero “le nostre fiere dentro altre fiere di successo”. Dal 2021 Cibus diventa annuale perché tutti i principali saloni italiani lo sono: rappresentando le eccellenze del made in Italy crediamo sia un obiettivo da raggiungere insieme al nostro socio Federalimentare. Da questo punto di vista il Covid ci ha rafforzato perché le crisi selezionano gli eventi costringendo gli espositori a fare meno fiere e Cibus in Italia da 35 anni è l’evento leader e irrinunciabile per il made in Italy alimentare».
Il 2021 si è aperto con importanti novità nel sistema fieristico regionale. Bologna e Rimini hanno avviato una fusione che si concretizzerà con il nuovo ruolo centrale della Regione. Cosa ne pensa e quali conseguenze ha per voi questa situazione?
«La crisi ha ulteriormente evidenziato l’esigenza di processi di aggregazione o federazione, già avvenuta nel sistema bancario e nelle utility e secondo me alla fine necessaria anche nel mondo delle Fiere. Con quali geografie o geometrie lo decideranno il mercato e gli azionisti, pubblici e privati, di quartieri e organizzatori. A mio parere questo processo deve avvenire per affinità industriali; per questa ragione noi abbiamo avviato già da cinque anni processi di convergenza mirati con Colonia e Verona in un’ottica di aggregazione per filiere e settori. Rimini e Vicenza prima e Bologna con IEG oggi stanno sperimentando modelli orizzontali ai quali guardiamo con interesse perché sono una novità, per il settore in Italia, che potrebbe riservare diverse sorprese».
Un processo che a Parma interessa dunque.
«Già quattro anni fa abbiamo promosso con Bologna e Rimini un progetto su come ottimizzare insieme la gestione dei nostri assets materiali e trasversali (dagli immobili alle infrastrutture IT, dai servizi allestitivi al facility management) immobiliare. I nostri azionisti sono sempre stati disponibili a valutare una regia federata degli aspetti “non competitivi” che potrebbe fornire grandi opportunità per attrarre in Emilia-Romagna nuove manifestazioni ed eventi mantenendo e rafforzando quelli che ci sono dove sono. Le fiere sono spesso espressione dei territori dei distretti e la nostra Regione potrebbe – contrariamente ad ora – rappresentarli fieristicamente quasi tutti grazie alle competenze e alle infrastrutture di tre grandi quartieri come Bologna, Parma e Rimini nonché strutture più piccole ma altrettanto qualificate come Piacenza, Modena, Ferrara o Cesena. D’altro canto il modello vincente è quello policentrico della Germania, a cui noi emiliani siamo molto affini non solo nelle Fiere».
Mecspe ha lasciato Parma per sbarcare Bologna lamentando problemi logistici. Il vostro quartiere necessita di restyling o ampliamenti?
«Spesso logistica e mobilità sono temi presi come scuse dagli organizzatori per muoversi su piazze diverse per motivi puramente soggettivi. Il Covid-19 ci ha insegnato a fare fiere più belle e più piccole. Il nostro quartiere si estende per quasi 400 mila mq dei quali 140 mila coperti e ha una viabilità dedicata dall’uscita autostradale nonché quattro areoporti internazionali nel raggio di 100 chilometri. Abbiamo un lay out monoplanare che ci consente di avere i costi più bassi del settore. Manca solo una fermata dell’Alta Velocità, poi raggiungeremo la perfezione. Nel frattempo offriamo navette gratuite ai visitatori da e per la MedioPadana che è a 20 minuti. Il dopo Covid sarà difficilissimo ma abbiamo solide basi ma soprattutto ottime e giovani risorse umane per una veloce ripartenza».