La transizione energetica avanza a livello globale con investimenti che hanno raggiunto 2,1 mld di dollari nel 2024, il doppio rispetto ai combustibili fossili. Il settore trainante è la mobilità elettrica (747 mld), seguito dalle rinnovabili (728 mld) e dalle infrastrutture di rete (390 mld). La Cina domina con 818 mld investiti, ma paradossalmente resta il maggior consumatore di carbone. Per raggiungere la neutralità entro il 2050 servirebbero 5,6 mld annui fino al 2030. L'Italia si apre alle tecnologie della transizione, ma resta indietro nella crescita delle rinnovabili rispetto Paesi con Germanie e Spagna e la quota di auto elettriche è tra le più basse della Ue
Sassi (Confindustria), Gianluca Bufo (Iren), Besseghini (Arera), Colaninno (Piaggio), Pontremoli (Dallara e Presidente Motor Valley), Mutti e non solo: nella città emiliana la sostenibilità scende dal palco degli slogan per confrontarsi con la realtà delle imprese. Settori come i motori, l’agroalimentare o il mondo dell’energia raccontano una transizione fatta di scelte complesse, tra innovazione, competitività e attenzione ai territori
C’è Liberti che racconta un Mediterraneo sempre più caldo, Caraveo che scruta un cielo ormai ingombro di rottami spaziali, Cottino che ci porta a tavola tra insetti e alghe, Volpi che svela come la natura ci abbia anticipati su tutto, e Pileri che ci ricorda che il suolo non è solo terra. Cinque libri per rileggere la sostenibilità e immaginare il nostro domani, in attesa del voto finale sabato 29 marzo alle 15
Climatologi e attivisti, designer e comici, ciclisti e scienziati: Luca Mercalli, Elisa Nicoli, Matteo Thun, Carlo Ratti, Stefano Mancuso, Giovanni Storti e Vincenzo Nibali intrecciano visioni divergenti sul tema della sostenibilità. Saranno tutti protagonisti nei giorni del Festival tra evidenze climatiche, architetture che rispettano i boschi e ironie sulle eco-convenzioni
In un periodo in cui il "green" perde terreno fra le priorità globali, e molte imprese chiedono l'abbandono delle ideologie e l'approdo a soluzioni realistiche, il Green Economy Festival di Parma dal 27 al 30 marzo punterà la lente proprio su cosa si può fare per salvare l'obiettivo ambientale senza mettere a rischio la competitività industriale. Seguendo il pragmatismo di manager come De Meo: "Elettrico bene in città, per medie e lunghe percorrenze soluzioni diverse"
Sono 308 (su 946) le misure del Pnrr ancora da avviare, mentre il 63,9% delle 166 in corso sono in ritardo. La spesa per la Tav Brescia-Padova è ferma al 68%, quella per i tram di Padova e Bologna e altre infrastrutture del tpl non supera il 16,7%. I comuni più virtuosi assorbono le risorse dei comuni che non riuscirebbero a spenderle, alcuni tappano il buco dei ritardi nei trasferimenti statali. Gottardo (Pnrr Lab Bocconi): “Il 40% delle risorse va al Sud, dove le istituzioni sono più deboli e fanno più fatica a spendere”
Per il vicepresidente dei costruttori edili, il bilancio sul Pnrr è positivo: “Verrà speso quasi tutto, il metodo per obiettivi ha funzionato e resterà un modello di riferimento, anche se la Pa non è stata sempre efficiente. Le difficoltà maggiori riguardano i collegamenti ferroviari. Inserire il Superbonus è stato utile sia per il settore che per avviare subito la spesa. Per Transizione 5.0 invece serve una semplificazione. E per mantenere questo ritmo di investimenti bisogna accelerare sul partenariato pubblico-privato”
Il sindaco di Treviso fa il punto della situazione sull’attuazione del Pnrr nei comuni veneti: “Stiamo spendendo tutto, siamo in linea con le tempistiche e siamo pronti a intercettare eventuali risorse inutilizzate in altre zone. Le difficoltà? I ritardi nel trasferimento dei fondi, l’aumento dei costi a carico dei comuni e il poco coinvolgimento dei sindaci. Non so se tutto il Paese sia stato efficiente come noi. Ora bisogna evitare l’effetto cattedrali nel deserto e sfruttare l’esperienza del Pnrr per lanciare un nuovo piano casa”
L’Italia è il Paese che gestisce la maggior parte dei fondi legati al programma NextGenerationEu (194,4 mld), ma nel triennio 2022-24 la spesa si è fermata al 30%. Se Roma non userà i restanti 135 mld entro il 30 giugno ‘26, dovrà restituire all’Ue la quota relativa ai progetti non completati. Gottardo (Pnrr Lab Bocconi): “Il ritmo accelererà, ma sarà difficile spendere tutto”. I progetti che non rispettano i tempi vengono definanziati. E il prossimo indiziato è Transizione 5.0
La geografia delle imprese “champions” conferma la Lombardia al primo posto per numero, seguita da Veneto ed Emilia-Romagna. Tuttavia, le imprese emiliane, pur rallentando la crescita, mostrano la dimensione media più elevata rispetto alle altre regioni. Crescono anche le imprese toscane. A livello provinciale spiccano Milano, Vicenza, Brescia e Bergamo, mentre al Sud si distingue principalmente la Campania
A svelare l’elenco delle 1.000 migliori imprese tra i 30 e i 500 mln sarà, come da sette anni a questa parte, l’evento promosso da L’Economia del Corriere “Italia genera futuro”, domani, lunedì 10 marzo, a Palazzo Mezzanotte. Il cluster raggiunge un fatturato aggregato di 106,4 miliardi, con un Ebitda medio fra il ’21 e il ’23 di ben il 18,6%. Sono imprese che complessivamente hanno cassa per oltre 10 mld
Alessandro Orsini è ceo di Osit, azienda romana che dagli anni ‘90 veste le teenager italiane e del mondo con il marchio Subdued. Una realtà che continua a crescere a dispetto della crisi del settore moda, chiudendo il 2024 con un fatturato di 163,9 mln e un Ebitda a 50 mln raddoppiato in un anno. "La nostra strategia si basa su due aspetti fondamentali: un'identità forte e riconoscibile e la diffusione del brand. Siamo in Cina da 4-5 mesi grazie all’entrata nel capitale di Nuo”
In ogni fase di crisi ritorna l’antico adagio “le nostre imprese sono troppo piccole”. E invece quello che sta accadendo è che da alcuni anni, soprattutto le champions, crescono a ritmi vertiginosi, diventano sempre più managerializzate ed hanno un approccio pragmatico alla sostenibilità. Il segreto? Tanta cassa per investire, attenzione maniacale al capitale umano e pronte a sfruttare la tecnologia
Il presidente di Federlogistica, che rappresenta le imprese operative nel settore portuale, invoca “una governance stabile per sviluppare i progetti infrastrutturali e spendere i fondi del Pnrr. La selezione dei presidenti deve avvenire sulla base di criteri più stringenti. Giusto standardizzare le Autorità, ma attenzione a non favorire i rimpalli di responsabilità. Gli accorpamenti dei porti? Solo se seguono logiche industriali. E bisogna ragionare come sistema europeo”
Tra dimissioni, commissariamenti e scadenze, sono ben 14 (su 16) le Autorità portuali in attesa di conoscere i loro nuovi presidenti. La partita è nelle mani di Rixi (Mit): “Siamo a buon punto, serve unità di intenti oltre gli interessi politici del momento”. Il viceministro sta lavorando anche alla costituzione di una nuova società che “servirà a coordinare gli investimenti. Ben vengano le risorse dall’estero come a Trieste”
Pur senza sbilanciarsi sui contenuti, il presidente uscente di Assoporti approva l’orientamento del governo sulla riforma della portualità italiana: “La competizione oggi è globale, bisogna superare la logica della competizione interna e uscire dai confini nazionali. I tempi li decide la politica, l’importante sono gli obiettivi. Gli accorpamenti delle Autorità faranno parte della strategia unica. Chi dice che il rapporto presidente-segretario deve essere fiduciario ha ragione”
Tra gli attori del mondo portuale non sono poche le voci contrarie alla riforma annunciata dal viceministro Rixi, che vuole mettere le Autorità portuali sotto il controllo di una società a controllo pubblico. Costa: “Modello copiato male dalla Spagna. Tirreno e Adriatico hanno bisogno di sei autorità, avere un soggetto che decide per tutti sarebbe ridicolo”. Alcuni rimpiangono gli enti porto degli anni ‘90. E c’è chi alla newco preferisce il project financing: “Farebbe volare il Pnrr, ma solo Trieste ne ha approfittato”
Le strategie delle imprese per sopravvivere al payback. Fumagalli (Bcs): “Abbiamo respinto una richiesta di pagamento sui cd medicali per le radiografie dei pazienti e abbiamo smesso di fornirli. Le stazioni appaltanti dovrebbero pianificare meglio gli acquisti”. Cerruti (ab medica): “Tra i nostri prodotti ci sono anche strumenti che possono ottimizzare la programmazione della spesa”
Secondo il presidente di Confindustria Dispositivi Medici “la soglia fissata da questa follia legislativa non rappresenta il reale fabbisogno sanitario. Alcune aziende fanno accantonamenti, ma così rischiano di chiudere il bilancio in negativo e di non poter più partecipare alle gare. Giusto bloccare i pagamenti fino alla sentenza del Tar. I rischi per i pazienti? Dispositivi obsoleti e interruzioni di servizio. Confido in una soluzione politica”
Secondo la norma entrata in vigore nel 2022, le imprese devono restituire metà delle somme incassate nel 2015-18 per i dispositivi medici forniti alla sanità. Tutto è nato dal copia e incolla del payback farmaceutico ai tempi della spending review. Confindustria: “Rischio fallimento immediato per un’azienda su cinque. E il 61% farà meno bandi”. L’Emilia-Romagna aveva fissato la scadenza entro 30 giorni, poi l’ha rinviata a fine anno. Colla: “Meccanismo infernale che rischia di allontanare anche le multinazionali”
Il fondatore della Pmi innovativa bolognese, che fornisce sistemi per trapianti di rene, fegato e polmone, punta il dito contro il legislatore: “Limiti di spesa irraggiungibili per incompetenza e valutazioni errate. Se la tagliola del payback verrà estesa al 2019-22 dovremo bloccare la ricerca e i piani di espansione negli Usa, facendo perdere allo Stato un gettito fiscale che sarebbe molto più alto. Sopravvivere senza poter crescere non ci interessa”
Beltramino: “Il concetto di regionalizzazione verrà applicato a province e comuni”. Federici (Rittal): “Realizziamo anche data center outdoor, in container e micro-strutture per contesti rurali o settori con necessità di mobilità come cantieri e zone militari”. Di Maria (VSix): “L’evoluzione del 5G favorirà la diffusione di strutture più piccole e distribuite”. E a Brescia Intred progetta un data center su quattro sedi
Sono 156 in Italia le strutture che custodiscono i dati digitali utilizzati su larga scala da imprese e cittadini. Di Maria (Vsix): “Traffico dati agevolato anche dalle piattaforme di Internet Exchange”. Beltramino (Ida): “Le aziende cercano zone industriali e brownfield con buona connettività. L’elettricità c’è ma viene distribuita male”. Ballestriero (Intred): “Grande impulso dall’AI legata ad automotive, manifattura e sanità, ma la spinta arriva anche da cloud, digitalizzazione, e-commerce, streaming e smart city”
La fotografia scattata dall’Osservatorio del Politecnico di Milano conferma che il mercato italiano dei data center è in forte crescita. Il capoluogo lombardo supera Madrid e Varsavia e insegue i Paesi “Flapd”. In Italia attese 83 nuove strutture da 15 mld. Antozzi (ricercatore Polimi): “I data center erano un oggetto misterioso, ora le istituzioni hanno capito il loro potenziale e sono più attente. Essenziale ridurre il costo dell’energia”
Big tech e provider di data center tendono a insediare le strutture più grandi a Milano e Roma. Federici (Rittal): “Progetti sviluppati fuori dalle zone residenziali che coinvolgono imprese con competenze diverse”. Beltramino (Ida): “Settimo Milanese modello di rigenerazione urbana. L’espansione proseguirà fino al 2032”. Ballestriero (Intred): “La concentrazione in un solo luogo è una criticità, meglio avere anche un disaster recovery”
Fabio Lorenzo Sattin, presidente di Private Equity Partners e docente di Private Equity e Venture Capital alla Bocconi, descrive il search fund come “un’opportunità per creare nuovi imprenditori e partecipare al loro percorso di crescita. Ciò che conta è l’attitudine imprenditoriale e l’empatia con il venditore. Ora bisogna costruire un ecosistema strutturato, replicando i modelli esistenti. Molte operazioni saranno regionalizzate”
Partito dagli Usa negli anni ’80, questo modello alternativo al passaggio generazionale e alle startup è in crescita anche in Europa e in Italia. L’operazione prevede quattro fasi: raccolta fondi, ricerca e acquisizione di un’azienda in cerca di continuità, gestione operativa, cessione. Il primo corso post laurea sul tema partirà in primavera al Politecnico di Milano. Peroncini (Eureka! Venture Sgr): “È una scelta di vita, servono doti di leadership e coaching”
Andrea Tudini, co-fondatore di un search fund che nel 2023 ha acquisito una società milanese di economia circolare, racconta i retroscena della ricerca che lo ha portato a lasciare l’attività di consulenza per diventare imprenditore: “Abbiamo scritto a duemila aziende e fatto 50 appuntamenti. Nessuno conosceva questa opzione e molti erano scettici. L’imprenditore vende a prezzo di mercato, ma poi si crea un rapporto di mentorship”
Search fund non fa sempre rima con under 40. La conferma arriva da Pietro Paolo Paci, ex consulente di 53 anni che dal ‘23 guida la torinese P&P Italia (allestimenti fieristici). “Prima ho trovato l’azienda target, poi gli investitori. Senza questo strumento, diventare imprenditore sarebbe stato più complesso. Il punto cruciale è far capire al venditore che vuoi proseguire la storia aziendale. Il motore non è il guadagno, ma l’amore per la sfida”
In controtendenza rispetto al calo del settore infanzia, l'editoria per bambini e ragazzi registra una crescita del 2,1% nel 2023, con un fatturato di 291,6 milioni di euro. Il settore mostra resilienza anche grazie a un'aumentata sensibilità alla lettura da parte delle famiglie e all'innovazione continua dei contenuti. Attenzione però all’eccessivo import di titoli e alle abitudini (in continuo cambiamento) dei più piccoli
Nel ‘24, il settore abbigliamento junior italiano ha registrato un calo del fatturato (di 3,1 mld) del 4,4%. Per la presidente della sezione bambino di Confindustria Moda si tratta di una crisi “congiunturale e strutturale”. Il calo della natalità preoccupa, ma non è l’unica causa della contrazione, tra cambiamenti nei consumi e tensioni geopolitiche che cambiano i mercati. Le aziende rispondono puntando su internazionalizzazione e diversificazione
Alessandra Minello, demografa e ricercatrice dell’Università di Padova, descrive il fenomeno del calo delle nascite nel nostro paese (e non solo). Nel ‘23, in Italia sono nati solo 379.890 bambini e per il ‘24 si prevede un ulteriore declino. Le cause? “Un bacino sempre più ristretto di potenziali madri, ritardi nella genitorialità e cambiamenti socio-culturali profondi”. Le politiche di sostegno alla natalità risultano “poco efficaci”, e anche l’apporto degli stranieri sembra non essere più in grado di controbilanciare il fenomeno
Il crollo delle nascite colpisce il settore dei prodotti per l'infanzia. Dal fallimento di Brevi Milano alla crisi di Peg Perego e alle difficoltà di Artsana (con marchi come Chicco e Toys), il problema è strutturale. Nel ‘24 ulteriori cali del fatturato per abbigliamento under 14 e giocattoli. Saracino (Marbel): “Dai genitori più attenzione alla qualità. Cutrino (Assogiocattoli): “Le aziende sopravvivono grazie ai prodotti per adulti e pet”. Casazza (Fila): “Più articoli per tutte le esigenze, dai bambini all’artista”
Per Matteo Casella, dg della veronese Fomet, la fiammata dei prezzi deriva dalla crisi industriale e sta facendo accelerare “una conversione che era già in atto e che favorisce la circolarità, perché rende un'alternativa più appetibile i fertilizzanti organici”. Bonvicini (Confagricoltura ER): “La strada giusta è la valorizzazione dei reflui zootecnici, ma non tutti possono percorrerla. Le imprese cercano di ottimizzare gli acquisti o li rimandano per strappare prezzi migliori”
Non solo gas e petrolio. In aumento anche inerti e calcestruzzo, burro, cacao e caffè. Ferro con andamenti altalenanti. Stabili cotone e lana per la crisi del tessile, mentre in calo il lino che era cresciuto molto negli anni precedenti. Nessi (Eternoo): "Il segreto è ottimizzare la rotazione del magazzino". Gerotto (Ance): "Imprese in difficoltà a formulare offerte non potendo precedere l'andamento delle quotazioni". Brazzale: "Sul latte i consumatori pagano l'ostracismo regolamentare dell'Ue"
La responsabile marketing della storica torrefazione trevigiana descrive un quadro preoccupante: “Tutti i costi sono aumentati, la situazione è molto difficile. Come durante il Covid bisogna ripensare le strategie, noi cerchiamo di crescere guardando oltreconfine. Il calo della marginalità è stato drastico anche perché le imprese hanno accettato di assorbire i rincari, ma non sempre il consumatore lo sa: produttori e baristi devono informare meglio”
A notare il fenomeno del “downgrade” nell’industria orafa e argentiera è Paolo Bettinardi, ad della vicentina Better Silver: “Il design è lo stesso, ma il materiale utilizzato ha un valore inferiore. Nel 2024 l’argento è cresciuto del 30% e nel medio termine ci aspettiamo un altro rialzo simile. Alcune aziende hanno assorbito gli aumenti, ma prima o poi dovranno scaricarli anche loro. I rincari non hanno penalizzato le vendite in Medio Oriente”
Per Bruna Zolin, docente di International Trade of Commodities a Venezia, “l’oro è cresciuto per effetto di tassi bassi e tensioni geopolitiche. Importante monitorare l’aumento dell’offerta energetica nei Paesi Opec+ e la contrazione industriale nell’Ue. Pechino ha sfruttato le rinunce degli Usa e dell’Ue per avanzare su terre rare e automotive. L’estrazione di petrolio negli Usa ridurrà i prezzi, ma questo effetto verrà compensato dai dazi”
Per Valentino Santoni (laboratorio Percorsi di Secondo Welfare) la settimana corta rischia di amplificare la frammentazione del tessuto produttivo italiano: “Le grandi organizzazioni hanno le risorse per adottarla, le Pmi fanno più fatica e in alcuni settori produttivi non può essere applicata. Giusto sperimentare, ma poi bisogna comunicare i risultati in maniera adeguata”. Comotti (Cgil Lombardia): “Le aziende hanno saputo rispondere all’emergenza ma non alle nuove richieste dei giovani”
Nel post Covid erano in molti a guardare con interesse alla possibilità di ridurre l’orario di lavoro a parità di stipendio. La sperimentazione però è rimasta limitata a un gruppo ristretto di grandi aziende e poi è arrivata la crisi, che ha fatto esplodere la cassa integrazione. Nel terzo trimestre ‘24 la settimana si è accorciata proprio per effetto della cig, che nell’industria ha “eroso” 0,88 delle 40 ore lavorative. Spolverato (WI Legal): “Tema che nasceva con presupposti diversi, oggi è praticamente sepolto”
Accanto ai quattro “colossi” Intesa Sanpaolo, Essilor Luxottica, Lavazza e Lamborghini ci sono anche altre aziende che hanno introdotto la settimana corta, sia nella manifattura (Ima, Pelliconi, Tria e Toyota) che nei servizi. La prima (nel 2020) è stata Carter & Benson: “Chi vuole regolamentarla e usarla per aumentare la produttività, sbaglia – spiega il Ceo Griffini – L’obiettivo è far lavorare meglio le persone per migliorare le performance. Chi non si è adeguato, è stato allontanato”
Per l’ex segretario della Fim Cisl, co-fondatore della rete Base Italia, la settimana corta è “una scelta che comporta investimenti significativi in tecnologie, organizzazione e competenze”, ma anche “una soluzione ineludibile, che renderà il lavoro industriale più attraente e meglio retribuito. Non si può dire che farà aumentare la produttività, ma di sicuro i Paesi con orari lunghi e salari bassi producono di meno”
Secondo il responsabile HR di Carel, multinazionale padovana specializzata in impianti di controllo per climatizzazione e refrigerazione, le prime sperimentazioni avviate in Italia rappresentano “un fenomeno non completamente reale, basato su ferie e permessi già in possesso dei dipendenti ed enfatizzato per attirare più talenti, ma diverso da come viene presentato. Ridurre l’orario senza poter assumere nuovo personale è come darsi la zappa sui piedi. La vera soluzione è aumentare la flessibilità lavorativa”
Alberto Lancellotti e Mirco De Vincenzi, analisti del centro di studio per il mercato lattiero-caseario Clal: “L’export globale cresce dal 1994. Un recente aumento delle spedizioni oltreoceano è realtà, ma per il 2025 prevediamo cali limitati anche in caso di dazi, dato che si tratta di prodotti premium”. E in ogni caso “si troverà la strada per diversificare e recuperare mercato, come nel 2020”
L'Italia domina l'export caseario negli Stati Uniti con 19.800 tonnellate nel primo semestre 2024 (+30% sul 2023). Il Financial Times: “I produttori di formaggio italiani accumulano scorte negli Stati Uniti per paura dei dazi di Trump”. Fra il ‘19 e il ‘20, quando i sovrapprezzi c’erano già, il settore aveva lasciato a terra 65 mln
Per l'industria casearia italiana, che ha esportato 93.000 tonnellate per 844 milioni di euro nel primo semestre 2024, delle alternative al mercato Usa si sviluppano. In Cina preoccupa l’incognita dei contro-dazi. Negli Emirati, aumenta la domanda per le eccellenze made in Italy. L'accordo del Mercosur tutela 9 formaggi Dop, aprendo il mercato sudamericano
I formaggi made in Italy brillano nei primi sei mesi 2024 con una crescita delle esportazioni del 14% in volume e 11% in valore nel primo semestre. Grana Padano, Parmigiano Reggiano e Pecorino Romano guidano l'export. Sorprendono i freschi: Mozzarella di Bufala DOP supera il 40% di crescita rispetto al 2023, mentre burrata e stracciatella registrano aumenti fino al 30%
Nessuno dei 145 progetti Pnrr sull’idrogeno è stato completato. Gruppo Pittini ha dimostrato che i forni possono essere alimentati da bruciatori a idrogeno fino al 100%. Semino (Acciaierie Venete): “Stiamo adeguando i nostri bruciatori per renderli pronti all’implementazione”. Zanni (AFV Beltrame Group): “Noi produciamo idrogeno per venderlo all’azienda più vicina”. Bos (Hydrogen Park): “La nostra banca dell’idrogeno garantisce il consumo costante di cui hanno bisogno acciaierie e servizi pubblici”
La Germania è pronta a fare retromarcia, gli Usa puntano sull’idrogeno blu. E anche in Italia cresce lo scetticismo. Semino (Acciaierie Venete): “Il traguardo è più al 2050 che al 2030, e non per tutte le fasi del processo produttivo”. Zanni (AFV Beltrame Group) continua a crederci: “L’idrogeno può crescere come il fotovoltaico nel 2008, ma servono incentivi per sostenere la filiera”. Bos (Hydrogen Park): “La crescita sarà graduale, l’obiettivo realistico è il 10-15% del fabbisogno tra dieci anni”
L’impiego dell’idrogeno nei processi industriali delle aziende energivore riceve una stroncatura senza mezzi termini dal presidente di Federacciai. Che dice: “Oltre ai costi inaccessibili, c’è anche il rischio di sprechi energetici. Il biometano costa meno e dà gli stessi risultati. L’ideologia green ha cercato di forzare il mercato verso tecnologie inesistenti”. E sui progetti in corso: “Senza il Pnrr, nessuno avrebbe interesse a promuovere l’idrogeno. Meglio pensare all’import da Nord Africa, Medio Oriente e Brasile”
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