Nessun volo pindarico ai fornelli. Nessuna astrusità cerebrale dai forni. Solo tanta, tantissima sostanza, in pietanze che illustrano, in modo didascalico,
quasi fossero una enciclopedia, le ricette più tipiche e più consolidate della città
delle Due Torri
La proposta è radicata su storia e origini – le ricette emiliane più autentiche – incalzate però da dettagli di matrice underground sempre gustosissimi. Rassicuranti e allo stesso tempo nuovi sono i tortellini, tradizionali in brodo di cappone o «impannati», che si alternano a prelibatezze locali come lo zafferano di Piumazzo che colora il risotto «mille e una notte» (al kiwi)
Nei fine settimana la cucina – in mano a un bravo cuoco coadiuvato dai ragazzi – apre le sue porte agli ospiti, proponendo piatti semplici ma gustosi, preparati con ingredienti genuini e seguendo le ricette tradizionali di queste terre
La proposta, che si articola in una dozzina di piatti che mutano frequentemente e secondo stagione, si basa su una materia prima di buona qualità, reperita negli immediati dintorni, e sulla capacità dello chef di sottolinearne, esaltandole, le caratteristiche peculiari
Posto in un bianco e moderno chalet tutto vetri, proprio sulla spiaggia, giusto a pochi metri dalla battigia, questo locale – bello in estate, ancor più affascinante in inverno – propone una buona cucina di pesce basata sulla qualità della materia prima e su una certa linearità nelle esecuzioni: felici, ben bilanciate e centrate sul gusto
I piatti sono in linea con ciò che il mercato, e quindi la stagione, propone: ci saranno quindi – per esempio – i ravioli di erbe amare (raccolte nel circondario) in primavera, i funghi porcini, il tartufo e la cacciagione in autunno. Mentre non mancano mai – must della casa – le tagliatelle al ragù
Il cavallo di battaglia di Terre Alte sono gli ottimi crudi, da assaggiare nel plateau royale, ricco di ostriche, tartufi, ricci, cappesante e canestrini. Anche nelle preparazioni cotte si cerca comunque di esaltare le caratteristiche dei preziosi ingredienti
La cucina, che già da anni ha raggiunto una maturità espressiva d’alta scuola, appare più in forma che mai: le pietanze, oltre che per la loro bellezza, si distinguono sia per la loro costruzione (complessa ma leggibile, tanto dal punto di vista ideale quanto tecnico) sia per la capacità di definire – come in bassorilievo – i sapori e gli aromi
Ciò che si mangia è davvero ‘unico’ nel senso che non c’è omologazione, non ci sono ingredienti di moda che arrivano dall’altra parte del mondo (e che tutti i cuochi più à la page si sentono in dovere di usare), non c’è alcunché che non sia di ‘qui’: dell’orto dietro casa, dei prati che si stendono tutt’intorno e dei boschi che circondano la vallata
La cucina – che è a vista – si muove con stile, proponendo piatti solidi ed eleganti al contempo, preparati con materie prime di qualità e costruiti con tecnica e idee moderne. Niente di strettamente tradizionale – quindi – piuttosto sapori e aromi definiti che si rincorrono in abbinamenti azzeccati (a volte classici, a volte più creativi) e mai sopra le righe
Una prossimità col mare sia fisica sia concettuale, perché qui la cucina
punta tutto sulla materia prima di provenienza adriatica, secondo sacri crismi improntati a freschezza e sostenibilità. Nel locale, del resto, si respira quell’aria di convivialità tipica della trattoria, e difatti non è un caso che la cucina sia assai attenta a esaltare il pescato in tutta la sua veracità e senza troppi formalismi
Accanto ai trabocchi del molo di Cesenatico, lo stabilimento balneare Maré è un locale poliedrico, attivo fin dall’ora della prima colazione alla sera tardi,
quando ci si può accomodare a tavoli e ai divanetti posti sulla sabbia per gustare un drink
Il cuoco – Michele Bacilieri – mostra notevoli doti interpretative, riuscendo a maneggiare gli ingredienti con capacità e istintività. Su una buona base tecnica costruisce piatti ben piantati sui gusti che, giocando con gli abbinamenti, si muovono con garbata eleganza. Pubblichiamo una recensione tratta da Emilia-Romagna a Tavola 2024
Dietro al bancone a vista con esposizione del pescato del giorno (la materia prima qui è di livello siderale), si trova il cuoco al quale è affidato il racconto del «mare nella sua essenzialità»: un vero e proprio viaggio fra i profumi
e i gusti di pesci, crostacei e molluschi
In ambienti curati e confortevoli, seguiti da un servizio solerte e sorridente (ma non formale) sfilano piatti che, su alcune preparazioni tipiche locali (come i curzul, ovvero tagliolini all’uovo di sezione quadrata, o gli gnudi, ovvero gnocchi di ricotta), innestano spunti creativi, di chiara ispirazione contemporanea
La cucina di Paolo Teverini – basata sulla riscoperta e rielaborazione
di ingredienti considerati ‘umili’, trasformati in ‘protagonisti’ – ha fatto scuola: ne può essere un valido esempio il celebre pâté di fegatini di pollo con pan brioche e verdure in agrodolce
Il servizio cura il dettaglio, soprattutto per ciò che riguarda il vino: la cantina fa da perno al locale, con 1.600 etichette da tutto il mondo, con un occhio particolare alla Toscana
La cucina non ricerca l’equilibrio a tutti i costi ma si sbilancia sul protagonismo della materia prima, anche laddove un ingrediente sovrasta l’altro.
Ecco dunque la presenza preponderante di erbe, o di altre materie prime amare, in piatti come il carciofo ripassato sulla brace, con la sua salsa e salmoriglio di erbe tostate
L’impronta del territorio qui non è di certo celata: la proposta, famosa soprattutto per le rane e le lumache, vede tanta tradizione, sublimata nella cura per le materie prime locali, che giungono da piccoli produttori del circondario
È stato proprio qui, in queste salette – allora bar Tripoli – che nel 1943 Luchino Visconti diresse il suo primo lungometraggio Ossessione, nonché primo capolavoro della scuola neorealista. Questo luogo è quindi una sorta
di ‘santuario’ per coloro che amano il grande cinema: e gli attuali proprietari, con consapevolezza, lo hanno fatto rivivere con passione e amore
È il pesce a trionfare nella carta, con l’antipasto misto di mare che vale l’assaggio, i saporiti spaghetti alle vongole veraci (proposti sia bianchi sia in sugo rosso) che meriterebbero un bis e una pasta allo scoglio che profuma di mare
Non ci si può non innamorare di questo luogo che, con stile tutto proprio, porta avanti una proposta di cucina originale e sincera, che nulla cede alle mode.
E che, rimanendo salda su una linea tradizionale-territoriale,
nella sua essenziale ancestralità risulta di straordinaria modernità
La carta è un’ode alla semplicità di materie prime abilmente selezionate e a tecniche di preparazione consolidate negli anni. Forte è il richiamo della tigellata, come altrettanto lo è quello della pasta fresca, rigorosamente tirata a mano dalle donne della cucina
Un luogo dove sembra che il tempo non solo si sia fermato, ma che proprio non sia mai esistito: un ristorante capace di proporre le ‘antiche’ ricette con una verve sempre nuova, nella quale si intrecciano memoria
e contemporaneità, tecnica e prodotto
Rispetto della stagionalità, quindi. Rispetto degli aromi e dei sapori primari. Rispetto dei tempi debiti e dei modi necessari nella realizzazione delle pietanze... Non ci sono trucchi ai fornelli: qui tutto è vero, e tutto è sincero
L’atmosfera di bella convivialità che si respira è il degno biglietto da visita di una cucina tradizionale ma preparata con intelligenza e mano leggera. Il segreto – se di ‘segreto’ si può parlare – è tutto nella scelta delle materie prime: gli ingredienti – infatti – sono di qualità e ben selezionati, secondo rigidi principi di stagionalità
Una sempiterna aria della domenica abita in queste sale, ravvivate dalla vampa del grande camino dove un oste di lungo corso e comprovata capacità, Franco Cimini, griglia carni di valore: la bistecca alla fiorentina è di vacca vecchia,
il fegatello di maiale cotto nella sua rete con l’alloro è profumato quant’altri mai, e l’agnello risulta tanto gustoso quanto soave
Una sempiterna aria della domenica abita in queste sale, ravvivate dalla vampa del grande camino dove un oste di lungo corso e comprovata capacità, Franco Cimini, griglia carni di valore: la bistecca alla fiorentina è di vacca vecchia, il fegatello di maiale cotto nella sua rete con l’alloro è profumato quant’altri mai, e l’agnello risulta tanto gustoso quanto soave
Dopo aver lavorato in blasonati locali, lo chef ha aperto il suo ristorante con l’intento di traghettare la ‘cucina della nonna’ ai giorni nostri e verso nuovi orizzonti
Una storia che ora continua con Massimiliano Mascia il quale, ben apprese le regole dell’alta cucina, si spinge oltre, modernizzando le proposte lungo una invidiabile linea di coerenza complessiva
L’atmosfera di questo ristorante, accogliente e confortevole, è bella. Come è bella, e buona, la cucina che propone: ispirata al territorio della Bassa bolognese senza esserne vincolata, rispettosa delle ricette della tradizione senza esserne schiava
Da anni Massimiliano Poggi è diventato l’emblema della cucina bolognese d’avanguardia. Nel suo locale, decentrato rispetto alla città ma centralissimo in termini di proposta culinaria, è riuscito a nobilitare il motto «quel che c’è, quando c’è», portando in tavola il territorio emiliano-romagnolo
Un salone d’altri tempi è il teatro dello chef stabiese: qui sfila la sua idea di cucina: rotonda, voluttuosa e rassicurante, benché con cariche di gusto talvolta anche esplosive
Dario Picchiotti e Giada Berri hanno portato il mare a Bologna. Anzi, alle porte di Bologna, visto che il loro ristorante è ospitato in un casale ristrutturato in mezzo al verde della campagna
Villa Aretusi, storica magione alle porte di Bologna (con il suo magnifico giardino e l’annesso albergo), è la perfetta dimensione all’interno della quale vive l’estro di Alessandro Panichi, cuoco sarzanese di origine ma oramai bolognese per adozione, che propone una cucina identitaria in perenne rimando tra classicismo e sperimentazione
L’accento francese sopravvive dunque, oltre che nell’onomastica, anche nell’impostazione, sebbene impastato con ingredienti e feticci bolognesi: per questo alla terrina di anatra al pepe verde, estratta dal «menu internazionale», si possono fa seguire rugosissime tagliatelle al ragù(felicemente speziato) e tortellini in brodo, sapientemente preparato
Pensi a Bologna, ai suoi portici, alla sua cucina ricca e saporita, all’atmosfera conviviale delle osterie... Ecco, Daniele Minarelli ormai da anni è riuscito a interpretare al meglio tutti questi elementi, fino a fare diventare il suo locale, a due passi da Porta Saragozza, un punto di riferimento nella ristorazione cittadina
... insegna che declina, indossando le vesti di ristorante borghese, la grande tradizione delle osterie bolognesi. Protagonista di questa ‘evoluzione’ è Piero Pompili che, con fare da consumato anfitrione, gestisce la sala, presentando e narrando i piatti della cucina, presieduta da Armando Martini, abile interprete dei riti gastronomici petroniani
Dal 2008 lo chef-proprietario del locale, Francesco Carbone (che con la moglie Camilla condivide la passione per lo Champagne) ha reso la sua insegna un porto sicuro per chi ama il pesce cucinato in modo tradizionale, senza orpelli, in modo da lasciare la parola alla preziosa materia prima
Ci si siede qui soprattutto per gustare quei piatti, a base di rane e lumache
(le specialità della casa) che hanno reso L’800 celebre. Nulla di strano,
a ben pensarci: entrambi questi ingredienti sono da sempre patrimonio
culturale di queste terre, solcate da innumerevoli canali
La cena, il fulcro dell’esperienza culinaria, vede al centro i menù pensati dallo Chef
Omar Casali il quale, per ergersi ad ambasciatore della riviera romagnola, propone il
“Sottocosta” che recita, nel sottotitolo, “dalle piccoli imbarcazioni della nostra
marineria”
Altrove sarebbe, crediamo, un noto stellato da anni, ma lui continua imperterrito il suo percorso, avvalorato da un pubblico ormai fedelissimo. All’interno dei percorsi di degustazione troverete veri e propri piatti icona dello Chef, come l’Insalata russa…
Chiusa dal 2000, la struttura ha avuto una seconda occasione grazie all’imprenditore Gianni Maini che di fatto ne ha ripristinato la vocazione all’ospitalità: sette stanze e un ristorante con cucina a vista
Un luogo dal fascino d’antan, che ai più nostalgici riporterà sicuramente dei felici ricordi,
mentre a tutti gli altri allieterà comunque il palato e rimpinzerà lo stomaco. Se nulla è
cambiato, lo si deve alla famiglia Nanni che, giunta oggi alla quarta generazione, continua a
guidare questo locale
All’Oblige, in un ambiente moderno, giocato su tinte pastello, va in scena una
cucina che trae ispirazione tanto dal territorio quanto dalle origini siciliane e dalle
esperienze lavorative dello chef Sebastiano Randieri…
Menzione speciale per due piatti nella sequenza “regionale”: il Ramen all’emiliana con la
caratteristica callosità del tagliolino all’uovo, qui in veste di noodles tirato a mano, e la
Cotoletta alla bolognese in versione autentica, dannatamente golosa grazie al tocco finale di
cottura nel brodo
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