Originari della Cina, gli alberi di cachi si sono diffusi in Oriente approdando in Giappone e in Corea, che ancora oggi sono tra i principali produttori al mondo. Per questa ragione il cachi (o kaki) è conosciuto anche come loto del Giappone o mela d’Oriente. Nel secolo scorso è stato ribattezzato “albero della pace” perché alcuni esemplari sopravvissero alla bomba atomica di Nagasaki nel 1945. Ma nella cultura cinese, l’albero di kaki è noto come la pianta dalle sette virtù: è molto longevo; è immune da attacchi di parassiti; la sua folta chioma da molta ombra; offre ospitalità agli uccelli tra i suoi rami; la sua legna è pregiata ed ottima per il fuoco; le sue foglie sono decorative fino alla caduta; le foglie cadute danno nutrimento al terreno.
In Europa i cachi arrivano sullo scorcio del XIX secolo. In Italia la coltivazione del “Diospyros kaki” (dal greco “frumento di Giove”) inizia a diffondersi agli inizi del Novecento, in regioni come l’Emilia Romagna, trovando habitat ideale soprattutto in quest’ultima dove è stata creata una varietà molto diffusa chiamata, non a caso, “Loto di Romagna” con buccia sottilissima e fragile color giallo-arancio e polpa dolcissima. Di solito i frutti si raccolgono, in modo scalare, dalla seconda metà di ottobre sino a novembre e talvolta dicembre. Vengono raccolti immaturi, quando ancora la polpa è soda, aspra e molto astringente. Si lasciano quindi maturare perché diventino gelatinosi, mollicci e dolci. Una varietà particolare è il cachi mela, a polpa soda e croccante e non allappante.
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