Uno dei ristoranti gourmet più vivaci della città, ma anche un luogo che non si raggiunge per caso, sito all’interno della bella dimora, un tempo di campagna, Villa Aretusi. Qui, al piano nobile c’è Sotto l’Arco, con la sua bella sala che consta di pochissimi tavoli tondi, grandi, americani, abbigliati di tutto punto di tessuti preziosi e distanti, tra loro, almeno due metri.
La cucina – d’autore – è quella di Alessandro Panichi, chef ligure naturalizzato bolognese, che da circa dieci anni ordisce Sotto l’Arco una cucina bipartita tra una solida tecnica classica e la seduzione, non tacitabile, della sperimentazione. Nei piatti non mancano dunque decisi ma sempre risolti contrasti grazie alla spinta delle fermentazioni, utilizzate quali vettori di acidità. Ma anche attraverso la combinazione insolita tra ingredienti, che genera nuove traiettorie: accade nello scampo e foie gras con latte di cocco e pepe di Sichuan e nella tartare di cervo e midollo al caffè Borghetti.
Molto scenografico, poi, il servizio alla lampada di “Pensando a Scabin”, uno spaghetto idratato alle noci servito con pane fritto, mela verde, foie gras e tartufo nero. La sala originale, e oggettivamente bella, è coordinata dall’invisibile eppur onnipresente Giuseppe Sportelli, maître e sommelier di questa storia, che amministra anche una cantina ricca di etichette affascinanti. Oltre al menù turistico, d’ordinanza in una città come Bologna, ci sono anche tre menù degustazione che impegnano 55, 60 e 80 euro. Alla carta, invece, intorno ai 70 euro.