Nel paese dove risedette il celeberrimo Guglielmo Marconi dal 1968 brilla questo avamposto di “bolognesità” gestito, sin dai suoi primi passi, dalla famiglia Nanni. E se Patrizia, coadiuvata da fidate collaboratrici, manda avanti con immutata passione questa saga familiare dalla cucina, Marinella può contare sulla presenza del figlio Omar, sommelier, e di Franco, da sempre suo sodale, nella gestione della sala.
Ne deriva un locale animato da un grande calore umano e da una scrupolosa attenzione per la stagionalità, declinata secondo le ricette della tradizione. Irrinunciabili lo “scrigno di Venere“ ripieno di tortellini, realizzato solo su ordinazione, e i tortellini col doppio brodo di manzo e di gallina, oppure con l’inaspettata deroga concessa alla panna. Volendo, però, deviare dai grandi classici felsinei si potrà optare con sicura soddisfazione anche per il risotto, in particolare se servito col tartufo, in stagione. Ottime le carni, con la giustamente famosa faraona arrosto, il castrato alla brace e la cotoletta “sbagliata”, con la mortadella al posto del prosciutto. Il menù, pressoché lo stesso da anni, è però ampio e molto articolato; la cucina è conciliante e tende a rinfrancare sia il corpo che lo spirito con pari dignità.
La cantina strappa più di un sorriso per la sensibilità con cui combina il sano patriottismo dei Colli Bolognesi con la gremita sezione dedicata a Champagne e Piemonte. Il conto si assesta sui 40 euro, tenendo presente che potrebbe subire oscillazioni se si ordinano piatti a base di funghi e i tartufi.