È passato un anno ormai dai primi blocchi posti alle attività teatrali dalle misure di contenimento dell’emergenza sanitaria. Quali sono state le ricadute sul settore e sui suoi lavoratori?
“La situazione a fine anno si è rivelata estremamente pesante per tutto il comparto, nonostante la fortuna di aver realizzato interamente il 73° Ciclo di Spettacoli Classici al Teatro Olimpico poco prima delle chiusure di fine ottobre. La situazione è molto delicata, ma per quanto riguarda i lavoratori non c’è mai stata la volontà di licenziare nessuno, soprattutto nei periodi più bui. Crediamo profondamente nella competenza e nella professionalità del nostro personale e vogliamo dare loro il riconoscimento che meritano: il capitale umano è il valore più importante da cui ripartire. Da quando hanno chiuso i Teatri, i dipendenti si sono avvalsi del fondo integrativo, a cui la Fondazione ha aggiunto una consistente percentuale per arrivare all’80% degli stipendi ordinari.
Diversa la situazione dei collaboratori, in quanto il loro inquadramento contrattuale ha dimostrato tutta la sua fragilità: si tratta di lavoratori che guadagnano sui singoli progetti, che quindi hanno cercato – per quanto possibile – di ricollocarsi: abbiamo perso professionalità preziose, e solo una ripresa in tempi brevi ci permetterà di recuperare. Per quanto riguarda il pubblico, anche in una situazione così difficile abbiamo cercato risposte flessibili per mantenere con continuità la relazione e il dialogo con gli spettatori; abbiamo trasmesso online workshop e laboratori con artisti nazionali ed internazionali, per riprendere il più possibile quanto proponiamo dal vivo: non è certo la stessa cosa, ma ha funzionato molto bene. Contiamo su una possibile riapertura dopo Pasqua, nonostante gli eventuali limiti legati ad una capienza ridotta, che non superi il 50% dei posti. Nel nostro Teatro abbiamo sempre rispettato tutti i protocolli e le linee guida, e non si è mai verificato alcun problema: testimonianza del fatto che il teatro è – e rimane – un luogo sicuro anche in questa pandemia.
Certo, forse il settore dello spettacolo non inciderà sull’economia nazionale come altri settori, come l’industria o il turismo, ma senza ombra di dubbio l’impatto che abbiamo sulla vita dei cittadini è molto, molto forte: la pratica della cultura in tutte le sue forme, quindi anche lo spettacolo dal vivo, è indispensabile per mantenere una psiche sana e i piedi per terra. Per questo riaprire è fondamentale.”
A proposito del processo di “smaterializzazione” che il teatro ha dovuto attraversare per far fronte a questa sfida, pensa che quella della digitalizzazione sia una strada percorribile in un’ottica di lungo periodo?
“Assolutamente no: da operatore dello spettacolo posso affermare con estrema sicurezza che non esiste alcuna possibile alternativa allo spettacolo dal vivo per sua definizione. Il teatro è fatto per essere vissuto, ed è un’esperienza che non si può fare a distanza senza perderne il cuore. Certo, lo streaming è un buon sostituto, ma si tratta di una soluzione “alternativa” e momentanea: la relazione con il pubblico non può prescindere dalla vicinanza fisica. Ma questo non significa che non abbiamo saputo cogliere l’occasione di crescita: siamo riusciti infatti a fare nostre le potenzialità di questi strumenti digitali; quando riapriremo, sicuramente il bagaglio di conoscenze digitali acquisite ci permetterà di arrivare ad un pubblico più ampio, magari anche a persone che diversamente non avrebbero mai messo piede in un teatro.”
Gli aiuti da parte dello Stato hanno giocato un ruolo decisivo nel bilancio complessivo del Teatro Comunale di Vicenza?
Il nostro Teatro ha ricevuto fondi statali solo per il Festival “Danza in Rete”, per un totale di 60mila euro. La nostra è una Fondazione di diritto privato che vive per il 50% della cosiddetta “attività caratteristica”, che consiste nella vendita di biglietti e di abbonamenti, nel noleggio delle sale e nelle varie sponsorizzazioni private, mentre il resto è coperto dalle quote associative, che ammontano a poco meno di 570mila euro. Se vogliamo mettere sul piatto della bilancia le cifre, gli aiuti arrivati dallo Stato sono molto più bassi rispetto a ciò che il nostro bilancio complessivo comporta. Non possiamo fare a meno di notare il grande squilibrio che vige tra i teatri Comunali come il nostro, che vivono sostenuti dal pubblico e la cui gran parte dei ricavati deriva da attività proprie, e gli enti “istituzionalizzati”, alcuni dei quali hanno ricevuto dei ristori altissimi, con cui riusciranno ad andare avanti tranquillamente almeno per i prossimi due anni. Non c’è dubbio che gli aiuti che arrivano alla periferia del FUS siano scarsi. Ma, per quanto ci riguarda, grazie all’impegno del Comune di Vicenza, della Regione del Veneto, di Intesa Sanpaolo e di Fondazione Cariverona e di tutti i partner che ci sostengono, siamo riusciti comunque a chiudere il 2019 in pareggio e speriamo di riuscire ad affrontare il 2021 a testa alta.”
“Le forti limitazioni a cui il vostro settore è stato sottoposto durante l’emergenza sanitaria possono essere considerati degli indicatori per leggere il divario nell’agenda politica moderna tra i servizi della cultura e quelli cosiddetti “essenziali”?
Basta vedere gli obiettivi delle linee di indirizzo del prossimo triennio del Ministero per i beni e le attività culturali, in cui le arti dello spettacolo sono a malapena citate: diventa evidente che la Cultura una priorità non lo è mai stata. Ritengo difficile che un divario così profondo possa venire colmato con il solo aumento del FUS. Le misure emergenziali sono certamente importanti, ma è fondamentale che la cultura sia sostenuta adeguatamente – sempre – non soltanto durante l’emergenza. Il nostro settore riveste un ruolo fondamentale: per questo dobbiamo far sì che l’attenzione ai Teatri sia la regola, in modo da permettere una crescita continua, che ci consenta di fare programmazione e non si debba aspettare la prossima pandemia per essere presi in considerazione.
Che futuro si prospetta per il Teatro Comunale di Vicenza? Quali sono le principali preoccupazioni rispetto ai prossimi mesi e alla stagione autunnale?
“Abbiamo un bellissimo rapporto con il nostro pubblico: sono certo che, non appena potremo riaprire – ovviamente nei limiti della capienza possibile – il Teatro Comunale di Vicenza farà il pienone. Mi aspetto un futuro positivo, perché la risposta durante questi mesi duri è sempre stata molto forte. E lo dicono con assoluta certezza i 100mila euro che ci sono arrivati grazie alle generose donazioni del nostro pubblico. Le difficoltà logistiche ed organizzative non mancheranno di certo, ma siamo sicuri che, con l’aiuto del Comune di Vicenza, della Regione, di tutti i Partner e del nostro Pubblico torneremo alla piena attività. Calcoliamo che almeno fino all’inizio del 2022 avremo un contingentamento al 50%: inizialmente, dunque, il bilancio avrà sicuramente un andamento negativo; ma noi siamo pronti a far fronte al calo iniziale, in un’ottica di ripresa di lungo periodo. L’autonomia che siamo stati in grado di conservare, pur nella situazione tragica di questi mesi, è testimonianza di una forte capacità di soddisfazione del pubblico e di autosufficienza: sarà questo a permetterci di ritornare ad essere, tra qualche anno, uno tra i più importanti Teatri Comunali d’Italia.”